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giovedì 2 ottobre 2014

#39/52 del relax, e dei muscoli e della mente



Di tutti quei muscoli, che non ti ricordi di avere. Che riscopri, quando il calendario segna un mese esatto dalla ultima lezione di yoga.
Che non te ne accorgi, eppure il tempo vola, e intanto tu ti dimentichi, di tutti quei muscoli.
Quelli degli occhi, che senti mentre li fai roteare. Del collo. Delle dita, che con quelle dieci punte piccole percorrono il cuoio capelluto fino ad arrivare sulle spalle, per massaggiarle. Delle scapole, che sembrano quasi delle ali mentre le apri e le spieghi.
Perché lo yoga non è uno sport. Anzi, a dire il vero, non penso di sapere realmente esattamente cosa sia lo yoga. E la cosa più bella è che non me ne importa nulla. Di sapere il nome delle posizioni o la teoria o la filosofia che ci sta dietro. O meglio, magari me ne importa. Perché sono curiosa.
Ma c’è una cosa che mi importa di più. Ed è il significato che ha per me lo yoga. È uno stato d’essere. Un modo di vivere. Mi risveglia i sensi, la schiena diventa finalmente lunga. E io penso. Anche se so che non dovrei.
Perché c’è una cosa che non sono ancora capace a fare, o meglio, che mi dimentico come si fa, quando l’assenza dalla pratica è prolungata. Ed è fermare la mente. Non riesco a stopparla. Nonostante io ci provi, anche quando lo vorrei tanto, non ne sono capace. Gira, stile pallina impazzita. La prossima settimana farò meno fatica, e quella dopo meno ancora.
Ma questa sera, mentre riscoprivo tutti i muscoli che avevo di nuovo dimenticato di avere, questa sera la mente non sono riuscita a controllarla. Continuava a saltare da un evento all’altro, da un sorriso ad una arrabbiatura. Da un organigramma ad una mail. Da una cena ad un impegno futuro. Fino ad approdare su una pasta frolla, che mi aspettava a casa.
Che mi ha trovata allegra e spensierata, come non accadeva da tempo. Felice, e non stanca, nello stenderla e nel farcirla con la marmellata di arance. Mentre chiacchieravo (o come mi piace chiacchierare del niente) e raccontavo ridendo (si, ridendo) quello che avevo pensato durante la giornata. Non con le mascelle serrate o le lacrime agli occhi. No. Ma sorridendo, di me più che di ogni altra situazione. Di me, della mia ingenuità e della mia stupidità nello stupirmi ancora di fronte all’evidente.
Lo yoga, che nel momento in cui mi fa chiudere gli occhi per concentrarmi, in realtà me li apre. Più di quanto non si possa pensare possibile.

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